04.01.2013

Messa a punto

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Se i libri potessero essere qualcosa di più, mostrare di più e possedere di più, questo libro avrebbe degli odori…
Avrebbe gli odori delle vecchie fattorie, l’odore dolce del fieno appena tagliato che cade dalla lama oliata della falciatrice tirata dai cavalli su e giù per il campo e l’odore acre del letame che in inverno fuma nella stalla. Avrebbe l’odore appiccicoso e pulito della nascita, quando i vitellini venuti al mondo succhiano per la prima volta il latte fresco e cremoso;
l’odore polveroso del fieno che in inverno viene messo a seccare su in alto, in attesa di essere gettato giù per il bestiame; l’odore pungente e fermentato del foraggio fresco gettato nella mangiatoia con un forcone. Avrebbe, questo libro, l’odore delle patate novelle tagliate a bastoncini e spruzzate di pepe, che friggono su una cucina alimentata da legno di abete stagionato, l’odore umido dei guanti di pelle appesi ad asciugare lì accanto e l’odore acre del bidone della spazzatura vicino alla porta, quando si alza il coperchio per buttarci dentro le bucce delle patate – ma non è possibile.
I libri non possono avere odori.
Se i libri potessero essere qualcosa di più e possedere di più e dare di più, questo avrebbe dei suoni…
Avrebbe il suono acuto e deciso di quelle seghe lunghe due metri che gli uomini spingono avanti e indietro sui tronchi, tagliando abeti destinati a diventare cellulosa; i suoni degli interminabili grugniti delle squadre di boscaioli che, sbuffando e picchiando, faticano a strappare via i ciocchi dal terreno. Avrebbe i rumori della mucche nella stalla , che ruminano nelle lunghe notti invernali; il rumore secco e deciso dell’ascia che cala per spaccare la legna da mettere nella stufa, e lo strillo lancinante dei maiali quando il coltello taglia loro la gola e sentono avvicinarsi la morte – ma non è possibile.
I libri non possono avere suoni.
Infine, se i libri potessero essere qualcosa di più, dare di più e mostrare di più, questo avrebbe delle luci…
Oh, avrebbe la luce soffusa e dorata – dorata per i pezzetti di fieno che volano nella polvere – che filtra attraverso la crepa lungo il muro della stalla; la luce bianca della lampada Coleman che sibila in cucina; la luce grigio-argentea di una giornata nel cuore dell’inverno, la luce notturna, candida e diffusa della luna piena sulla neve, la luce nuova dell’alba, a est, sull’orizzonte dei pascoli, dietro alle mucche che tornano per la mungitura in un mattino d’estate – ma non è possibile.
I libri non possono avere luci.
Se i libri potessero essere di più, dare di più, essere qualcosa di più e mostrare di più, avrebbero pur sempre bisogno di lettori che portino loro suoni, odori, luci e tutto il resto che non può essere contenuto nei libri.
Il libro ha bisogno di te.
Gary Paulsen

Le Pollicine ripartono da queste parole. Buon Anno!

Tratto da: Gary Paulsen, “La stanza d’inverno“, Mondadori Shorts, 2001 

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